Sul cappello, sul cappello che noi portiamo
c’è una lunga, c’è una lunga penna nera
che a noi serve, che a noi serve da bandiera.
su pei monti, su pei monti a guerreggiar, ohilalà.
Su pei monti, su pei monti che noi saremo
coglieremo, coglieremo le stelle alpine
per donarle, per donarle alle bambine
farle piangere, farle piangere e sospirar, ohilalà.
Su pei monti, su pei monti che noi saremo
pianteremo, pianteremo l’accampamento
brinderemo, brinderemo al reggimento
viva il corpo, viva il corpo degli Alpin, ohilalà.
Evviva viva il reggimento, evviva viva il corpo degli Alpin.
Presentiamo il canto che può essere considerato la nostra dichiarazione d’amore per l’elemento distintivo di noi Alpini: il cappello.
Quando la gente vede questo strano copricapo con la sua penna più o meno lunga, più o meno nera, piuttosto che bianca sa che chi lo indossa è un Alpino. Il nostro cappello non è sempre stato così, ma per noi è un simbolo cui non siamo disposti a rinunciare.
Il corpo degli alpini è stato fondato di fatto nel 1872 a Napoli con un Regio decreto firmato da Vittorio Emanuele II (e a Napoli abbiamo festeggiato nel 2022 i 150 anni dalla creazione). Poiché nell’atto di fondazione si faceva riferimento ad una specialità dell’esercito l’uniforme era la stessa degli altri corpi dell’esercito piemontese e così anche il copricapo.
L’anno successivo fu adottato il cappello detto alla calabrese con una penna inserita sul lato sinistro. Solo durante la Prima Guerra Mondiale, nel 1917, fu definitivamente adottato il cappello di feltro che, con qualche ulteriore modifica, oggi noi portiamo,
Il nostro cappello ci ha accompagnato dal primo giorno di naja, quando ce l’hanno ficcato in testa (e forse non capivamo bene cosa significasse), e lo abbiamo visto trasformarsi da semplice e forse banale copricapo, a parte integrante di noi stessi. Ed è talmente personale che, se si fa caso, non ce n’è uno uguale all’altro e ciascuno di noi sa riconoscere il proprio in mezzo a tutti gli altri.
Ormai l’anagrafe ha ridotto a pochissimi gli Alpini reduci della Seconda Guerra Mondiale, ma anche da noi, che siamo alpini per aver fatto il servizio di leva, il cappello è stato utilizzato per tutti gli scopi più diversi: utile per proteggersi dal sole, utile per scaldare la testa (e… le idee) quando fa freddo, utile per farsi vedere e riconoscere dagli altri, utile per versarsi in testa un po’ d’acqua quando fa troppo caldo. Non ci si può mangiar dentro, ma … quasi.
E quando si va a raggiungere il Paradiso di Cantore, beh! Allora il cappello sarà posto sulla nostra ultima portantina a significare che lì sotto c’è un Alpino.