MONTE NERO

Spunta l’alba del sedici giugno comincia il fuoco l’artiglieria,

il Terzo Alpini è sulla via Monte Nero a conquistar.

Arrivati a trenta metri dal costone trincerato,

e con l’assalto disperato il nemico fu prigionier.

Per venirti a conquistare abbiam perduto tanti compagni,

tutti giovani sui vent’anni, la loro vita non torna più.

Monte Nero, Monte Nero traditor della Patria mia,

ho lasciato la mamma mia per venirti a conquistar.

Il Monte Nero (Krn in sloveno, Lavadôr o Crèn in friulano) è un monte delle Alpi Giulie alto 2.245 m, già in territorio italiano dal 1920 al 1947. Sorge in Slovenia, nel comune di Caporetto, a pochi chilometri dal confine con il Friuli-Venezia Giulia.

La montagna deve il suo nome italiano alla errata interpretazione del significato della denominazione slovena Krn (tozzo) confusa con la parola Črn (nero).

Se la Sezione A.N.A. di Torino è intitolata Monte Nero il motivo è molto semplice: all’alba della Prima Guerra Mondiale gli alti comandi italiani dopo aver attraversato il confine, avevano bisogno di dare sicurezza alle truppe attestate sulla sinistra del fiume Isonzo. La conquista della montagna che sovrastava la valle era un’esigenza imprescindibile. Dell’operazione fu incaricato il 3° Reggimento Alpini composto dai battaglioni Susa, Pinerolo, Exilles e Fenestrelle, al comando dell’allora Colonnello Donato Etna (nato a Mondovì), che con un’ardita azione notturna occupò la vetta del monte costringendo alla resa il presidio nemico e resistendo ai successivi contrattacchi austriaci.

Al comando delle compagnie alpine che effettuarono l’attacco c’erano i torinesi Vincenzo Arbarello e Vittorio Varese ed il primo a metter piede sulla vetta fu il sottotenente Alberto Picco anch’egli torinese.

Fra gli Alpini che salirono sul Monte Nero c’erano anche due ragazzi che sarebbero poi diventati i primi Capogruppo del Gruppo di Rivoli: Malandrino Giuseppe (Ciabot) e Ferrero Beniamino.

L’azione bellica fu talmente difficile ed improvvisa che la storica austriaca Alice Schalek nel suo libro Am Isonzo scrive:

«Quando qui si parla di questo splendido attacco che nella nostra storia della guerra viene annoverato come un successo del nemico, ognuno aggiunge subito: giù il cappello davanti agli Alpini. Questo è stato un colpo da maestro».

È nel ricordo del 3° Reggimento Alpini tutto piemontese, e ancor di più torinese, che la nostra sezione è la Sezione Monte Nero.

La canzone fu scritta di getto su un foglio di fureria, al termine dell’azione bellica, dal Caporale Domenico Borella di Rivoli che la intitolò «Canzone omoristica del 3° Alpini alla conquista del Monte Nero»: cosa poi ci fosse di umoristico non si riesce a capire se non facendo riferimento alla innata baldanza ed al sarcasmo graffiante degli alpini!

L’armonizzazione del canto, come lo cantiamo noi del Coro A.N.A. Torino, è dovuta al nostro rifondatore Piero Prochet) ed è un’armonizzazione che tenta di riprodurre la difficile e silenziosa scalata della montagna (gli alpini si tolsero le scarpe per evitare di fare rumore), l’attesa prima dell’assalto finale, la cruenta battaglia per la conquista delle postazioni nemiche.

Ma il cuore del canto non è l’azione bellica, bensì il dolore per la perdita di tanti compagni «tutti giovani sui vent’anni la loro vita non torna più». Il canto prorompe poi in una maledizione contro questo monte su cui tante vite sono state sacrificate «Monte Nero traditor de la patria mia» e di nuovo il ricordo dei tempi più belli quando si poteva vivere in pace «ho lasciato la mamma mia per venirti a conquistar».

E si, perché in questo come in tutti i canti degli Alpini è sempre presente la nostalgia per la casa, la mamma, la morosa, la vita semplice e pacifica che si conduceva prima e che ora è solo più un ricordo lontano.